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Il Papa scrive ai cattolici del Medio Oriente

27/12/2006  |  Roma
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Il Papa scrive ai cattolici del Medio Oriente
Papa Benedetto XVI

Il 25 dicembre scorso la sala stampa vaticana ha reso pubblico un messaggio natalizio del Papa rivolto ai cattolici che vivono in Medio Oriente. Datato 21 dicembre, il testo esprime un affetto particolare di Benedetto XVI per quelle comunità che «si sentono "piccolo gregge"».Ratzinger comunica loro la sua vicinanza personale e quella dei cattolici di tutto il mondo. Esorta poi i cristiani a non indugiare troppo sui torti subiti e le ragioni violate. Recriminare senza fine, osserva il Papa, non conduce a nulla di costruttivo. Benedetto XVI esprime poi il desiderio di potersi recare presto in Terra Santa. Varie fonti israeliane prevedono che il viaggio si svolgerà nel 2008.


Con un gesto inconsueto, quest’anno a Natale il Papa ha voluto rivolgersi in modo particolare ai cattolici del Medio Oriente. Lo ha fatto non tanto nel corso del tradizionale messaggio Urbi et Orbi, ma con un testo scritto, datato 21 dicembre ed espressamente indirizzato a loro. Il messaggio – che riportiamo integralmente nella sezione Rassegna stampa – è stato reso pubblico dalla sala stampa vaticana il 25 dicembre.

«Le notizie quotidiane che giungono dal Medio Oriente – osserva Ratzinger – non fanno che mostrare un crescendo di situazioni drammatiche, quasi senza via di uscita. Sono vicende che in quanti ne sono coinvolti suscitano naturalmente recriminazione e rabbia e predispongono gli animi a propositi di rivalsa e di vendetta».

Tuttavia, ammonisce il Papa invitando ad un approccio più costruttivo, «sappiamo che questi non sono sentimenti cristiani; cedere ad essi rende interiormente duri e astiosi, ben lontani da quella "mitezza ed umiltà" di cui Cristo Gesù ci si è proposto come modello (cfr Mt 11,29). Si perderebbe così l’occasione di offrire un contributo propriamente cristiano alla soluzione dei gravissimi problemi di questo nostro tempo. Non sarebbe davvero saggio, soprattutto in questo momento, spendere tempo ad interrogarsi su chi abbia sofferto di più o voler presentare il conto dei torti ricevuti, elencando le ragioni che militano a favore della propria tesi. Ciò è stato fatto spesso nel passato, con risultati a dir poco deludenti. La sofferenza in fondo accomuna tutti, e quando uno soffre deve sentire anzitutto il desiderio di capire quanto possa soffrire l’altro che si trova in una situazione analoga. Il dialogo paziente e umile, fatto di ascolto reciproco e teso alla comprensione dell’altrui situazione ha già portato buoni frutti in molti Paesi precedentemente devastati dalla violenza e dalle vendette. Un po’ più di fiducia nell’umanità dell’altro, soprattutto se sofferente, non può che dare validi risultati».

Certo non è una via facile da percorrere. Il Papa ne è consapevole e assicura la sua vicinanza: «Potete contare sulla mia piena solidarietà nelle attuali circostanze. Sono certo di potermi fare portavoce anche della condivisione della Chiesa universale. Ogni fedele cattolico del Medio Oriente, insieme con la sua comunità d’appartenenza, non si senta pertanto solo o abbandonato. Le vostre Chiese sono accompagnate nel loro difficile cammino dalla preghiera e dal sostegno caritativo delle Chiese particolari del mondo intero».

Un passaggio del messaggio tocca il tema dell’esodo dei cristiani dal Medio Oriente, in cerca di condizioni di vita più agevoli per sè e per i propri figli: «Da lungo tempo – scrive Benedetto XVI – si osserva come molti cristiani stiano lasciando il Medio Oriente, così che i Luoghi Santi rischiano di trasformarsi in zone archeologiche, prive di vita ecclesiale. Certo, situazioni geopolitiche pericolose, conflitti culturali, interessi economici e strategici, nonché aggressività che si cerca di giustificare attribuendo loro una matrice sociale o religiosa, rendono difficile la sopravvivenza delle minoranze e perciò molti cristiani sono portati a cedere alla tentazione di emigrare. Spesso il male può essere in qualche modo irreparabile. Non si dimentichi tuttavia che anche il semplice stare vicini e vivere insieme una sofferenza comune agisce come balsamo sulle ferite e dispone a pensieri e opere di riconciliazione e di pace. (…) Nell’ora presente, ai cristiani è chiesto di essere coraggiosi e determinati con la forza dello Spirito di Cristo, sapendo di poter contare sulla vicinanza dei loro fratelli nella fede, sparsi nel mondo».

Prima di concludere il Papa esprime il desiderio di calcare le orme dei suoi predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II, recandosi anche lui pellegrino in Terra Santa. Scrive: «Come vi è noto, carissimi fratelli e sorelle, spero vivamente che la Provvidenza faccia sì che le circostanze permettano un mio pellegrinaggio nella Terra resa santa dagli avvenimenti della Storia della Salvezza. Spero così di poter pregare a Gerusalemme «patria del cuore di tutti i discendenti spirituali di Abramo, che la sentono immensamente cara».

Fin qui la Santa Sede è rimasta vaga circa le date di questo pellegrinaggio papale. Varie fonti israeliane hanno però pubblicamente riferito che è previsto per il 2008.

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