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Turchia, il Papa viene per rafforzare il cammino ecumenico

Rubén Tierrablanca, ofm
28 novembre 2006
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Turchia, il Papa viene per rafforzare il cammino ecumenico
Istanbul, 30 novembre. Benedetto XVI accolto al Fanar dal patriarca ecumenico Bartolomeo I. (foto Patriarcato ecumenico - M. Manginas)

Benedetto XVI è in Turchia, per una visita da molti attesa, da taluni osteggiata. Per i media è «un viaggio blindato» su cui sono già corsi fiumi d'inchiostro. I più si soffermano sulle tensioni di questi tempi tra Occidente e islam o rammentano le posizioni scettiche sull'ingresso della Turchia nell'Unione Europea espresse in passato dal cardinale Ratzinger. Ma la ragione principale della visita del Papa è un'altra, ci rammenta il frate minore autore di queste riflessioni: il successore di Pietro ha lasciato Roma per recarsi dal patriarca di Costantinopoli a confermare la volontà della Chiesa cattolica di rafforzare i legami di comunione con le Chiese d'Oriente, sulla via maestra del reciproco amore.


In Turchia i cristiani accolgono Benedetto XVI nel suo primo viaggio papale ai confini d’Europa. Con quali sentimenti? Ecco qualche riflessione di un frate minore che da tre anni vive a Istanbul con alcuni confratelli impegnati sul fronte ecumenico e del dialogo tra le fedi.

A Istanbul viviamo un momento particolare alla vigilia della visita del Santo Padre, Benedetto XVI in Turchia. Oltre alla ovvia gioiosa attesa del piccolo gregge cattolico in questo Paese a stragrande maggioranza musulmana, si sente forte il modo come il mondo ha gli occhi puntati sulla Turchia per motivi politici e di rapporto interreligioso.

Da qualche settimana ci tengono impegnati le costanti telefonate di giornalisti, reti televisive, specialisti dei media e analisti. Le solite domande sono: come si vive da cristiani in Turchia? Cosa significa per voi la visita del Papa? Come mai i cristiani sono diminuiti tanto nell’ultimo secolo e sopratutto negli ultimi anni? Perché non si può usare l’abito religioso per la strada? Sentite paura per le reazioni degli integralisti e nazionalisti? A tutte queste domande abbiamo cercato di rispondere con chiarezza e semplicità. La cosa migliore sarebbe che questi giornalisti e compagnia bella venissero a vivere almeno un breve periodo per capirne di più e magari evitare certi titoli scandalistici nei giornali, che poi fanno male a tutti.

In breve, la situazione attuale, le limitazioni a livello socio-politico e religioso e le difficoltà che qua e là si incontrano, non sono molto diverse da quelle dei tempi apostolici. Gli Atti degli apostoli descrivono una Chiesa nascente in seno all’impero romano e al politeismo. Ora ci sono un governo repubblicano laico e una popolazione musulmana; ma la diffidenza sul messaggio evangelico e la vita cristiana è molto simile: pensano che si voglia andare a intaccare l’identità di una nazione e l’integrità di una religione. In realtà la vita cristiana, se vuol essere vera e credibile, porta tutti a una comprensione più umana della vita e a una convivenza pacifica. Per noi cristiani si tratterebbe di un impegno per il regno di Cristo, per i non cristiani sarebbe un richiamo a vivere i loro valori e principi di fede insieme all’ammirevole e proverbiale tradizione di accoglienza nei popoli d’oriente.

Sappiamo che la visita del Papa risponde al desiderio comune della Chiesa cattolica e di quella ortodossa di avanzare sulla strada dell’ecumenismo fino all’unità, impegno evangelico di ogni cristiano. Quindi, in mezzo a tante polemiche su questa visita, dobbiamo accendere i fari sull’incontro tra Benedetto XVI e Bartolomeo I. Personalmente attendo con grande speranza la dichiarazione congiunta che sarà resa pubblica giovedì prossimo e mi auguro che sia un punto fermo per sciogliere diversi pregiudizi e ritrovarci a celebrare i misteri della nostra comune fede trinitaria, in Gesù Cristo Figlio di Dio, presente nell’Eucaristia e operante nella sua unica Chiesa. Anche le due celebrazioni eucaristiche che il Papa presiederà il 29 novembre a Efeso nel santuario Meryem Ana Evi (Casa di Maria) e il primo dicembre nella cattedrale del Santo Spirito con la comunità cattolica (in quest’ultima quasi la metà dei presenti saranno visitatori convenuti per l’occasione … la vita reale della Chiesa in Turchia non è così forte come apparirà in televisione nel corso di quelle celebrazioni) stanno in rapporto con questo fine di cammino ecumenico.

La parte politica, diplomatica e ciò che il Papa dirà sul dialogo islamo-cristiano, tutto questo è «in occasione della sua visita…» ed ha la sua importanza, ma è decisamente in secondo piano.

Per noi frati minori della fraternità internazionale di Santa Maria Draperis, a Istanbul, è un’occasione unica e storica: a tre anni dell’apertura di questa fraternità dedita al dialogo ecumenico e interreligioso avere una visita del Santo Padre alla ricerca dell’unità dei cristiani è davvero una benedizione.
Ricordo ciò che Bartolomeo I ci disse la prima volta che siamo stati ricevuti da lui nel patriarcato ortodosso (il 30 dicembre 2003), quando il mio confratello fra Gwenolé gli chiese di benedire il nostro progetto e di darci il suo consiglio per il nostro lavoro. «Amate questo popolo», rispose riferendosi al popolo turco. Benedetto XVI, da parte sua, ha donato alla Chiesa universale la sua enciclica Deus Caritas Est. Non possiamo domandare altro. Abbiamo ricevuto abbondantei e sicure indicazioni per poter percorrere la nostra strada del dialogo. In questo spirito siamo pronti ad accogliere il Papa e vogliamo assumere responsabilmente e coraggiosamente il nostro compito.

Benedictus qui venit in nomine Domini!

 

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