«Malgrado l’emigrazione verso l’Europa e gli Usa, i cristiani continuano a giocare un ruolo specifico in molti campi della vita sociale libanese: sono i pilastri dell’economia, dell’educazione attraverso le scuole e le università. Un ruolo di primo piano hanno in campo sociale, nell’assistenza medica, nel settore del turismo e dei media. La Chiesa è viva e attiva, tanto che Giovanni Paolo II arrivò a dire che il Libano non è solo un Paese, ma un messaggio. Noi restiamo, e non vogliamo andarcene».
Insomma, nonostante tutto (e nonostante gli Hezbollah), i cristiani libanesi continuano a credere alla possibilità di vivere in pace con il resto della popolazione musulmana.
Sono parole che ci scrive Antoine da Beirut in una domenica di settembre, quando in Europa rimbalzano le polemiche sulle presunte offese del Papa al mondo musulmano, e mentre ormai nei giornali e sulle televisioni di tutto il mondo sembra dimenticata la tragedia della guerra che ha toccato la Terra Santa da metà luglio. Un conflitto che sembra bloccato sul fronte israelo-libanese, ma che nella Striscia di Gaza continua nell’indifferenza dell’opinione pubblica (e con mezzi particolarmente odiosi, denuncia Caritas Gerusalemme, come il blocco dell’energia elettrica; misure che colpiscono quasi esclusivamente la popolazione civile).
Ai cristiani di Terra Santa e ai poveri di ogni fede religiosa serve il nostro sostegno, ma soprattutto c’è bisogno che non si taccia. E che si imbocchi presto la strada della giustizia, via maestra per la pace.