Dal sito ufficiale della Custodia di Terra Santa, riprendiamo e vi proponiamo integralmente questa intervista realizzata da padre Jerzy Kraj, superiore del convento di San Salvatore a Gerusalemme. Il religioso polacco ci mette a parte, ammirato, dell'avventura di un folto gruppo di cattolici lituani che nei mesi scorsi si sono messi in cammino a piedi verso il Santo Sepolcro. La loro storia nelle parole di uno degli organizzatori del pellegrinaggio, don Petras Volskis.
Incontriamo e intervistiamo don Petras Volskis, uno dei realizzatori del pellegrinaggio a piedi che dalla Collina delle Croci (presso Sialulai) in Lituania è giunto a Gerusalemme nei giorni scorsi, dopo più di cinque mesi di cammino.
In Terra Santa si possono incontrare diversi pellegrini che visitano i Luoghi Santi a piedi, tuttavia non avevo mai incontrato un gruppo così numeroso. Com’è nata l’idea di realizzare questo pellegrinaggio?
Il nostro pellegrinaggio ha una lunga preistoria. Circa dieci anni fa un gruppo di fedeli provenienti da diverse parti della Lituania cominciò a realizzare dei pellegrinaggi all’interno del Paese. Essi percorsero tutto il territorio della nostra patria visitando diversi santuari. Poi, nell’anno 2003 intrapresero un pellegrinaggio di giubileo, recandosi a piedi a Roma. Tutte queste esperienze hanno portato alla decisione di venire a piedi in Terra Santa.
Che cosa ha ispirato i cattolici lituani a fare questo faticoso pellegrinaggio?
Sono diverse le intenzioni che i pellegrini portavano nei loro cuori. L’intenzione principale era il ringraziamento a Dio Padre per il pontificato di Giovanni Paolo II, chiedendo allo stesso tempo la grazia della sua beatificazione. È stato anche un pellegrinaggio di penitenza, in espiazione dei peccati propri e quelli dell’intero popolo lituano. Durante tutto il percorso i partecipanti hanno portato sulle loro spalle una croce di legno con il Crocifisso. Tre pellegrini, con turni che cambiavano ogni venti minuti circa, hanno portato la Croce che pesa sessanta chili. Questa croce tornerà insieme ai pellegrini in Lituania e verrà offerta come voto del popolo al santuario mariano a Śiluva. Qui si celebrano i 400 anni delle apparizioni della Madonna ed è stato il primo santuario ad essere riconosciuto dalla Chiesa. Purtroppo a causa della sfavorevole situazione politica nella quale si trovava Lituania nei secoli scorsi non è molto conosciuto.
Com’era la composizione del gruppo, e chi lo guidava?
Il gruppo è composto da persone semplici, in maggioranza donne e in età avanzata. Il partecipante più anziano ha settant’anni; il più giovane ne ha ventisei. Delle quaranta persone che il 5 maggio 2006 hanno dato inizio alla fatica del pellegrinare a piedi, a Gerusalemme ne sono arrivate 35. Strada facendo cinque persone, chi a causa della salute chi per altri motivi, avevano rinunciato. Per tutto il tempo, con i pellegrini è stato presente il settantenne gesuita don Kazimieras Ambrasas. Ogni giorno celebrava l’Eucaristia, confessava chi lo chiedeva e assisteva spiritualmente il gruppo. Lungo tutto l’itinerario i pellegrini avevano a disposizione un autobus che serviva per il trasporto dei bagagli, del cibo e – in caso di necessità – aiutava a superare la tappa ai pellegrini più deboli o troppo affaticati.
All’arrivo in Terra Santa di questo gruppo iniziale, si sono poi aggregate altre 15 persone che hanno percorso insieme l’ultima tappa del pellegrinaggio, quella che dall’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv ha condotto fino a Gerusalemme.
Quali Paesi sono stati attraversati, e quanti chilometri il gruppo ha percorso a piedi?
Il gruppo ha percorso circa 4.300 chilometri a piedi. Dalla Collina delle Croci il gruppo si è diretto al santuario della Madre di Dio, a Śiluva; da qui ha poi ha attraversato il territorio di Lituania, Bielorussia, Ucraina, Ungheria, Austria per arrivare in Italia. Ogni giorno il gruppo percorreva una tappa da 30 a 40 chilometri. Il pernottamento era preparato nelle parrocchie oppure nelle aule scolastiche. A volte i pellegrini hanno dovuto accontentarsi di un parcheggio, dove passavano la notte a cielo aperto. I pellegrini – arrivati a piedi fino a Bari nell’Italia meridionale – doveva quindi proseguire con una nave. Non avendo trovato nessuno collegamento con Israele via mare, il gruppo è dovuto tornare a Varsavia con il pullman. Qui hanno preso un volo di linea per arrivare a Tel Aviv.
Perché proprio un volo da Varsavia e non da Roma oppure da un’altra città d’Italia?
Questa soluzione si è imposta per questioni finanziarie: il costo di un biglietto aereo Italia-Israele era molto più caro del biglietto da Varsavia. Per questo motivo il gruppo ha deciso di tornare con il pullman a Varsavia e poi, direttamente con un volo della Lot, compagnia nazionale polacca, arrivare in Israele.
Un pellegrinaggio così lungo è senz’altro un avvenimento straordinario. Quali difficoltà hanno incontrato i pellegrini nel loro cammino e che cosa li ha sorpresi di più?
Debbo dire che dall’inizio il pellegrinaggio ha avuto delle svolte positive, quasi inaspettate. Ad esempio si prevedevano delle difficoltà nel territorio di Bielorussia, mentre la realtà è stata tutt’altra. Questa tappa è stata tra le più belle di tutto il pellegrinaggio: non c’è stata nessuna difficoltà alla frontiera, i poliziotti aiutavano di percorrere le strade di Bielorussia mentre gli abitanti del paese, gente semplice e molto pia, calorosamente e volentieri accoglievano a casa i pellegrini per la notte. Più il gruppo andava ad occidente più le difficoltà crescevano e i pellegrini incontravano sempre minore religiosità e ospitalità. Sicuramente una delle esperienze positive di questo pellegrinaggio sono stati gli incontri con la gente, la loro apertura e senso religioso. Non si trattava tanto del loro atteggiamento verso i pellegrini quanto del rispetto, della devozione e della venerazione verso la Croce. Molti si avvicinavano al gruppo per salutare i pellegrini e per baciare la Croce che essi portavano. Questo atteggiamento è stato particolarmente commuovente nei territori di Bielorussia e Ucraina. Molti si inginocchiavano e piangevano vedendo il gruppo dei pellegrini che si avvicinava. Non di rado interi villaggi, con il loro parroco ortodosso, uscivano sulla strada per salutare i pellegrini.
Il gruppo ha trascorso insieme molti mesi. Quali erano i sentimenti all’interno del gruppo?
Gli inizi non sono stati facili. In ogni comunità che si propone di realizzare uno scopo ben preciso bisogna stabilire delle regole e poi occorre rispettarle. A volte le opinioni riguardanti alcune decisioni erano divise. Ma nonostante i diversi pareri non è mai mancato uno spirito di dialogo e di reciproca comprensione. Con l’andare del tempo, con i mesi che pian piano passavano e la stanchezza che aumentava, all’interno del gruppo sono nati piccoli conflitti. Tuttavia queste difficoltà non hanno impedito la realizzazione del pellegrinaggio, e tutti hanno potuto portare a compimento il loro progetto di cammino penitenziale verso Gerusalemme.
Come potrebbe descrivere l’ultima tappa del vostro pellegrinaggio?
Paradossalmente l’ultima tappa, da Tel Aviv a Gerusalemme, è stata forse la più difficile. Prima di tutto non abbiamo ricevuto il permesso di seguire le strade principali, asfaltate. Di conseguenza abbiamo dovuto salire sulle alture di Giuda, seguendo vie secondarie, un susseguirsi di salite e discese, con poco chiare o inesistenti segnalazioni stradali. Anche se ci richiamavano più direttamente ai percorsi del tempo di Gesù, costituivano un grande ostacolo per i pellegrini. Per loro quest’ultima tappa non era altro che una salita sul Golgota. Come se questo non bastasse, proprio quando il gruppo dei pellegrini percorreva quest’ultima tappa, in Israele è caduta la prima pioggia d’autunno. La dura superficie delle strade sterrate si è cambiato in fango. Salendo a Gerusalemme i pellegrini portavano sulle spalle non solamente la Croce che li aveva accompagnati durante tutto il cammino, e i propri bagagli, ma anche con ai piedi tanti chili d’argilla. Il tragitto di 50 chilometri da Lod presso Tel Aviv a Gerusalemme è stato compiuto in tre faticose giornate. A causa della stanchezza, ma soprattutto per evitare provocazioni, i pellegrini non hanno percorso la città nuova a piedi con la croce sulle spalle. Dalle periferie della città fino alla Porta Nuova della città vecchia, il gruppo è arrivato con un pullman preso a noleggio.
Il gruppo è giunto a Gerusalemme martedì 17 ottobre 2006. Com’è stato il suo primo contatto e la prima impressione?
A Gerusalemme, all’ingresso della Porta Nuova, i pellegrini sono stati salutati dal vescovo lituano monsi. Jonas Kauneckas, che proprio negli stessi giorni era pellegrino in Terra Santa con un gruppo della sua diocesi di Paneveys. Felici ma sfiniti, pellegrini hanno trovato ospitalità dai frati francescani inaugurando gli ambienti che, nella ristrutturazione dell’ex orfanotrofio, vogliono destinare all’accoglienza di gruppi giovanili. Noi siamo stati il primo gruppo accolto. La ristorazione è stata assicurata da Casa Nova, l’ospizio francescano per i pellegrini. Il giorno seguente il gruppo ha cominciato a visitare Gerusalemme. Innanzitutto ha percorso le stazioni della Via Dolorosa portando sulle spalle la Croce, il simbolo della passione di Gesù Cristo, la stessa che ci accompagnava nel nostro pellegrinare. I pellegrini si sono fermati ad ogni stazione per inginocchiarsi, con le lacrime negli occhi. Non badavano agli sguardi incuriositi dei passanti turisti o della gente locale. La Via Dolorosa era per loro un’esperienza molto forte e probabilmente rimarrà nei loro ricordi per sempre perché costituiva il coronamento della loro fatica e dei loro sogni. Alle ore 17 tutto il gruppo, accompagnato con il canto del Te Deum, è entrato solennemente nella basilica della Risurrezione. Padre Wladyslaw Brzezinski, superiore della comunità francescana, ha salutato i pellegrini congratulandoli per la loro storica impresa, augurando proficuo e fruttuoso soggiorno in Terra Santa, affidandoli a Gesù Risorto. In seguito ogni pellegrino è entrato nell’edicola della tomba vuota di Gesù per baciare la fredda roccia ed adorare il luogo dove ebbe luogo la risurrezione di Cristo. Mentre i pellegrini facevano adorazione nella cappella della Risurrezione, dalla rotunda Anastasis riecheggiavano le note dell’inno nazionale di Lituania. Credo che non ci sia bisogno di descrivere l’abbondanza delle lacrime che hanno versato i pellegrini in questo momento così commovente.
Questo è stato l’unico incontro dei pellegrini con la basilica della Risurrezione?
No, questo è stato il primo degli incontri. Martedì 18 ottobre, alle ore 6,30, tutto il gruppo ha partecipato alla solenne celebrazione dell’Eucaristia davanti alla vuota tomba di Gesù. Anche questa commovente celebrazione è stata per tutti noi un’esperienza indimenticabile, che potrei riassumere in questo modo. Credo che dopo la celebrazione della Santa Messa in questo luogo santo l’uomo non possa aspettare niente di più. Noi cristiani solamente nel cielo avremmo un’esperienza migliore di questa. Alla conclusione della celebrazione Eucaristica fra Stephane Milovitch, segretario della Custodia di Terra Santa, ha consegnato a tutti i pellegrini la croce del pellegrino in bronzo e un’attestato del pellegrinaggio. Il gruppo ha voluto lasciare come voto un grande cuore d’argento con incastronata una pietra d’ambra nel mezzo. I pellegrini, essendo alloggiati nelle vicinanze della tomba vuota di Gesù potevano spesso recarsi alla Basilica per un momento dell’adorazione privata e di preghiera in gruppo.
Quale sono i vostri programmi per i prossimi giorni?
Il 27 ottobre il gruppo lascerà la Terra Santa e tornerà a casa. Nel questo breve tempo che ci è rimasto desideriamo visitare i Luoghi Santi. A causa della scarsità del tempo non potremo spostarci pellegrinando a piedi, ma ci serviremo di un pullman. Quando avremo finito di vistare i santuari di Giudea ci recheremo in Galilea per ringraziare Maria di Nazaret per la sua protezione. Pregheremo anche la Madre di Dio perché con la sua grazia accompagni sempre noi e tutto il nostro popolo.
Vorrei ancora chiedere, cosa porterete con voi dalla Terra Santa in Lituania?
Quando si guarda il nostro pellegrinare dalla Collina dei Croci in Lituania al Monte Calvario a Gerusalemme, non tanto nell’aspetto storico quanto piuttosto in quello teologico, bisogna sottolineare che esso ha segnato una tappa importante della nostra vita, che fa parte della storia della salvezza. Il nostro pellegrinaggio non è finito con la salita a Gerusalemme e non finisce con il ritorno a casa. L’opera iniziata richiede che sia portata a compimento. Dovremmo perciò con perseveranza portare la croce dei nostri impegni quotidiani dando coraggiosamente la testimonianza di una vita veramente cristiana. Quando i pellegrini hanno iniziato il cammino si chiedevano: «Quando arriveremo a Gerusalemme?». Nei momenti di stanchezza si domandavano: «Quando finirà il nostro cammino?». Quando sono arrivati a Gerusalemme, sono giunti alla meta del loro viaggio ma non hanno finito il loro pellegrinaggio. Allo stesso modo che qui a Gerusalemme, la Via Dolorosa finisce con la meditazione del mistero della risurrezione del Signore, così anche il nostro pellegrinaggio terreno tende a partecipare alla gloria della risurrezione. Questa è la verità che porteremo con noi, alle nostre case e al nostro Paese.
(l’intervista è apparsa il 25 ottobre 2006 sul sito ufficiale della Custodia di Terra Santa)