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Armeni, un’antica comunità nel cuore di Gerusalemme

Chiara Tamagno
11 agosto 2006
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Armeni, un’antica comunità nel cuore di Gerusalemme
La cattedrale armena di San Giacomo, nella Gerusalemme vecchia.

La migrazione armena in Terra Santa risale al V secolo. Città nella città, il quartiere armeno custodisce tradizioni e testimonianze di una fede millenaria.


Camminando lungo la via che costeggia la cittadella di David, nella zona sud occidentale della città vecchia, si arriva al quartiere armeno. Nelle botteghe che aprono i battenti sulla strada si notano ceramiche particolarmente raffinate, stoffe di pregio, stampe antiche e sui muri esterni le mappe del genocidio del 1915, quando i Turchi sterminarono la nazione armena.

La storia degli armeni a Gerusalemme risale al tempo della dominazione romana; essi rivendicano il primato nella conversione al cristianesimo (nel 303 d.C. con la conversione del loro re). Le migrazioni di questo popolo in Terra Santa risalgono al V secolo, ed ebbero un notevole incremento nei primi decenni del Novecento al tempo delle persecuzioni turche. Oggi gli armeni a Gerusalemme sono circa tre mila, residenti per la maggior parte in città vecchia. È gente schiva, gelosa delle proprie tradizioni e dei segreti di un’arte del cesello di rara bellezza.

Nessuna casa armena si affaccia sulla strada, pochi visitatori osano varcare l’accesso che immette nel quartiere circondato da mura e cancelli, che di notte vengono chiusi agli estranei. Qui tra cortili comunicanti e stradine che si intersecano in una sorta di labirinto, gli armeni hanno scuole, un seminario, una biblioteca e la tipografia più antica della città. La struttura difensiva si spiega con la storia tormentata di questa comunità che, come quella ebraica, subì diaspore e persecuzioni.

Nel cuore del quartiere c’è la loro cattedrale, dedicata a San Giacomo, ed è una delle più belle chiese della Città Santa. Di struttura crociata, è impreziosita da marmi, intarsi in madreperla e maioliche dipinte dai maestri Kutahya, che da Istanbul erano stati chiamati a Gerusalemme per decorare la Cupola della Roccia. Si può entrare a San Giacomo solo in occasione della preghiera del vespro, tutti i giorni dalle 15 alle 15.30: il monaco chiama a raccolta i fedeli battendo ancora l’antico nakus, un martelletto di legno su una tavola appesa al soffitto.

Entrando si resta incantati dalla luce che filtra dalla splendida cupola, realizzata con un sistema di archi intrecciati che formano la stella di David, e dall’atmosfera soffusa creata dalla numerose lampade a olio.
In una cappella sul lato sinistro si dice che sia sepolta la testa di San Giacomo detto il Maggiore, fatto uccidere dal re Agrippa (At 12,1-2), mentre sotto il baldacchino davanti all’altare troneggia la sedia che fu di Giacomo «fratello del Signore» (Gal 1.18), primo vescovo di Gerusalemme. La cappella sul lato destro racchiude invece tre frammenti di rocce provenienti dai monti sacri (Tabor, Garizim e Sinai).

 

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