Un appello alla comunità internazionale perché fermi il sangue che continua a scorrere in Iraq e in Terra Santa. Ma anche una dura, precisa critica verso i governi mediorientali che non alimentano il dialogo e anzi spingono i più giovani verso il fondamentalismo religioso. Il messaggio conclusivo della quindicesima assemblea dei sette patriarchi cattolici orientali (il copto Stephanos II Ghattas, il maronita Nasrallah Sfeir, il greco-melkita Gregorios III Lahham, il siro-cattolico Ignace Pierre VIII Abdel Ahad, l’armeno-cattolico Nerses Bedros XIX Tarmouni, il copto Emmanuel III Delly ed il latino Michel Sabbah), tenutosi all’inizio di dicembre ad Amman, in Giordania, merita di essere letto con attenzione, perché tocca con lucidità le questioni aperte in un’area dove si agitano tensioni e conflitti.
Tenutasi sotto la presidenza del patriarca di Gerusalemme, l’assemblea ha trattato diffusamente anche la questione del terrorismo, che ha recentemente toccato proprio la Giordania e che è un cancro diffuso ormai anche in Occidente. I patriarchi hanno sottolineato la necessità di una «campagna» per combattere questo moderno flagello, rimuovendone però anche le cause, che risiedono principalmente nella povertà.
In vista della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, i patriarchi hanno invitato le comunità alla preghiera e hanno ribadito l’impegno ecumenico. La testimonianza comune dei fedeli cristiani delle varie Chiese potrà favorire certamente l’edificazione di un mondo arabo «riconciliato» e accogliente.