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Gli assalti ai copti di Alessandria d’Egitto nei commenti della stampa egiziana

21/04/2006  |  Il Cairo
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A metà aprile i cristiani copti di Alessandria d'Egitto sono stati aggrediti nei pressi di tre chiese da persone armate di coltelli. Tra aggressioni e reazioni violente sono morte due persone e alcune decine sono rimaste ferite. La polizia ha operato numerosi fermi e attribuito la responsabilità degli attacchi a uno squilibrato. Spiegazione che genera molta perplessità, in un clima generale in cui i cittadini copti subiscono discriminazioni che durano da troppo tempo.  


(co) – Intorno alla metà di aprile una serie di assalti all’arma bianca ha turbato la vita dei cristiani copti di Alessandria d’Egitto. Venerdì 14 degli uomini che brandivano coltelli (secondo la polizia uno solo) hanno assalito i fedeli nei pressi di tre chiese, causando un morto e una quindicina di feriti. Il clima si è fatto teso e le violenze tra musulmani e copti si sono ripetute nei giorni successivi, soprattutto sabato 15, subito dopo i funerali della vittima accoltellata il giorno precedente. Si sono registrati un altro morto, parecchi feriti, vetrine spaccate, auto incendiate e sassaiole. La polizia è intervenuta fermando decine di persone e mettendone una cinquantina sotto inchiesta. Fonti ufficiali hanno dichiarato che a far scoppiare gli incidenti sarebbero state menti squilibrate.

Una spiegazione vaga che lascia molti insoddisfatti. I copti non si sentono tutelati dal governo e dalle forze dell’ordine. È difficile negare l’orizzonte di discriminazione che li circonda. Per aprire una chiesa o un luogo di culto, a differenza dei cittadini musulmani, i cristiani devono ottenere un apposito decreto presidenziale; difficilmente possono accedere alle alte cariche della pubblica ammministrazione e degli apparati militari o di polizia; spesso viene messa in dubbio la loro lealtà verso il Paese. Il clima di ostracismo nei loro riguardi si è fatto più greve con l’imporsi sulla scena nazionale del movimento islamista dei Fratelli musulmani. È così che molti, nei decenni scorsi, hanno preferito emigrare all’estero in cerca di miglior fortuna.

Oggi i cristiani copti rappresentano il 10 per cento della popolazione e appartengono in gran parte al cristianesimo ortodosso.

I commenti della stampa egiziana

Gli incidenti interconfessionali di Alessandria sono stati riportati con ampia eco dalle prime pagine dei quotidiani e dei settimanali egiziani. Tutti hanno condannato l’accaduto e hanno fatto appello all’unità nazionale.

Ecco alcuni titoli e commenti: «Chi è dietro l’attacco alle chiese di Alessandria?», ha titolato El Osboa (La settimana, 17 aprile). «Non si può sostenere la solita tesi dello squilibrato mentale. Un persona del genere non può realizzare tre attentati quasi contemporaneamente in luoghi differenti. Era il segnale per mettere fuoco a tutto l’Egitto (…). Siamo tutti egiziani, festeggeremo tra alcuni giorni Sham en-Nasim, la festa della primavera. Da alcuni giorni abbiamo festeggiato la nascita del Profeta, e tra poco la festa della Risurrezione, feste di tutti noi egiziani».

Il settimanale al-Mughez in copertina spara il titolo: «Il crimine di Alessandria è stato pianificato in Svizzera». Nel testo si mette sotto accusa la lotta tra il governatore di Alessandria, i Fratelli musulmani e il consiglio dei notabili copti. E sempre in copertina, la schiena nuda di una donna sulla quale sono scritti versetti del Corano: «Questi sono i nemici dell’islam e non i copti».

Il settimanale ad-Dastur accusa apertamente i vertici del governo gettando su di loro tutte le responsabilità dei fatti. «La pattuglia di guardia alla chiesa ha rifiutato di catturare l’assalitore, sostenendo di non volere aiutare i copti a discapito di un musulmano».

Il quotidiano indipendente Nahdet Misr lancia un appello per «una intifada islamo-cristiana» che rigetti ogni tentativo mirante a provocare sedizioni confessionali.

Alcuni editorialisti chiedono che si possa tenere un congresso di unità nazionale. Il quotidiano El Wafd ha chiesto un dibattito aperto per discutere i problemi dei cristiani in Egitto, tenendo sempre presente che il Paese è al di sopra di tutto. Sempre il medesimo giornale, in un altro contributo, aggiunge che «il clima generale che vivono oggi la società e la nazione è una minaccia di catastrofe per tutto l’Egitto».

L’editorialista di Akhbar scrive invece: «È tempo che non solo lo Stato ma tutta la nazione sia sensibilizzata su questo problema, nelle scuole, nelle famiglie, attraverso una migliore regolamentazione dei discorsi religiosi e delle fatwa». Lo scrittore e pensatore copto, Milad Hanna, aggiunge: «Questo genere di incidenti è normale nell’atmosfera che regna in Egitto. I media e il sistema educativo non fanno che diffondere idee estremiste». Secondo l’opinionista copto, questi incidenti sono destinati a ripetersi: «Trattare il problema solo sul versante della sicurezza non basta. Ci vuole una cooperazione tra tutti i ministeri per impedire il ripetersi di tali atti».

«Il problema è di cominciare a leggere gli avvenimenti nel loro vero significato; fatti come quelli di Alessandria indicano che siamo di fronte a sedizioni e non a rivendicazioni nazionaliste. Questo è il flagello che si sta propagando nel mondo arabo; una crisi di sentimenti nazionali», scrive Ros el-Youseph.

Quanto alla Chiesa ortodossa, essa ha condannato gli attacchi (anche le rappresaglie da parte dei copti) e invitato all’unità nazionale. L’editorialista del quotidiano Nahd Misr ha messo in guardia: «Bisogna smettere di considerare il dossier copto come un problema di sicurezza, come fosse una questione alla stregua del terrorismo… Tutti, governo e nazione e soprattutto i copti, devono prendere coscienza di far parte di un unico popolo. Tutti devono prender parte a un dialogo aperto: istituzioni statali, società civile e partiti politici».

I commenti della stampa egiziana concordano su un punto, ben riassunto dall’editorialista del quotidiano al-Alam al-Yom: «Tutta la regione, e per primo l’Egitto, conosce attualmente un periodo marcato da cambiamenti profondi; e se noi non precisiamo quello che vogliamo, come e quando, saranno altri a pianificare il nostro futuro e mettere sul nostro cammino malati mentali sanguinari e pronti a tutti, capaci di indurci a scelte che non vogliamo e alle quali non pensiamo affatto».

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