Il 2 aprile di un anno fa il mondo si è fermato attonito di fronte alla morte di Giovanni Paolo II, il Papa che ha accompagnato la storia di questo ultimo quarto di secolo incidendo non poco, con il suo magistero e la sua azione pastorale, nei destini dell’umanità, non solo della Chiesa cattolica.
Mentre ripenso con commozione a quell’evento, non posso fare a meno di ricordare anche il viaggio di Giovanni Paolo II in Terra Santa, fortemente voluto dal Santo Padre in occasione del grande giubileo del 2000. Ho negli occhi alcune immagini che resteranno nella storia: la visita al Muro occidentale a Gerusalemme, l’adorazione presso il Santo Sepolcro, la contemplazione della Terra promessa dal monte Nebo. Ma soprattutto mi tornano alla mente scritti e poesie di Karol Wojtyla, pagine nelle quali ha saputo trasfondere il suo amore per i Luoghi Santi, come spazio emblematico del grande mistero dell’uomo nella sua nascita e nella sua morte; come rappresentazione ontologica della dimensione dell’incontro tra l’uomo e Dio: «Unica Terra! Terra attraverso la quale tutta la terra è divenuta se stessa, come ogni cosa è divenuta se stessa, grazie a Colui che è» («Pellegrinaggio ai luoghi santi, 2» in Tutte le opere letterarie. Libreria Editrice Vaticana, Roma 1993). Rileggere oggi quelle liriche ci avvicina ancora di più a un uomo che ha vissuto intimamente il mistero della croce e ha saputo trasfigurare la sofferenza in una «nuova creazione», in un inizio di vita nuova. Insegnandoci, con il suo esempio, a dimo ra re in Dio. Canta il Papa-poeta: «Tu, in cui ognuno trova il suo spazio». E ancora, nell’ultima composizione di «Pellegrinaggio ai luoghi santi»: «Il mio spazio è dentro di Te. Il tuo spazio è dentro di me. (…). Dove Tu non sei, vi è solo gente che non ha casa».