Le immagini della strage di Tel Aviv, nel quale un attentatore suicida ha provocato la morte di nove persone e il ferimento di altre sessanta proprio nei giorni della Pasqua ebraica (iniziata il 16 aprile), sono piombate con la forza di un uragano nelle nostre case, mettendoci di fronte per l’ennesima volta alla tragedia del conflitto israelo-palestinese. Il quadro che si sta delineando è quello di un inasprimento, anche se il premier israeliano Ehud Olmert, di fronte alla giustificazione data al gesto terroristico da parte governo di Hamas guidato da Ismail Hanyeh («atto di autodifesa»), ha fatto sapere che per il momento non ci sarà nessuna rappresaglia. La situazione che si trova a vivere oggi la Terra Santa era stata stigmatizzata in un messaggio che i leader cristiani avevano inviato alle comunità prima della Pa squa: «Siamo di fronte a una via oscura, a un blocco della vita politica fra il nuovo governo israeliano e il nuovo governo palestinese». Eppure proprio in questa situazione, occorre un supplemento di speranza e di preghiera, perché il bene possa avere la meglio. Lo ha ribadito anche Benedetto XVI. Condannando con fermezza l’atto terroristico di Tel Aviv, ha voluto pregare perché sia gli israeliani sia i palestinesi «non si lascino andare ad una tragica deriva, ma riprendano i passi che li portino a vivere in pace e sicurezza l’uno accanto all’altro come figli dello stesso Padre che sta nei cieli».