Abramo viene messo alla prova da Dio Padre, che gli chiede di sacrificare il figlio Isacco. E quando la fede sembra averlo lasciato, scopre di saper credere...
Una pagina misteriosa, quella della «legatura di Isacco», in cui Dio appare come un sanguinario che ordina di uccidere il figlio della promessa ma che, letto con profondità, può svelare ancora una volta il vero volto del Dio di Abramo.
Anzitutto questo brano ci dice che il Dio di Israele non vuole sacrifici umani, come era invece consuetudine nei popoli vicini a Israele. Di più: la Bibbia mette in discussione una visione «sacrificale» della fede, ancora troppo diffusa nel cristianesimo. Il sacrificio non è in sé positivo, Dio non ama il dolore e lo evita, se può. A volte il sacrificio è necessario a manifestare l’amore, come l’amato che muore per l’amata, come la madre che veglia insonne la malattia del figlio.
Dio non invia la croce; la vita, gli altri, il nostro carattere possono essere crocifiggenti. Nella prova, però, emerge la parte più autentica di noi: esiste un «sacrificio» positivo, è il sacrum facere dell’amore, quello di Gesù che sceglie il dono totale di sé. Questo brano dice, inoltre, che il Dio di Israele rompe il legame ancestrale tra padri e figli: Freud avrebbe molto da dire su questo! Esistono nel nostro inconscio degli ingombranti paradigmi etici e sociali (padre/autorità/divinità/potere/legge) che vengono clamorosamente smentiti dalla Bibbia. Come nel racconto del rapporto di Abramo con suo padre Terach, anche qui la riflessione è pungente: nel legame padre-figlio non c’è possesso, ma libertà, consapevolezza, scelta. Isacco appartiene a Dio, non a suo padre Abramo.
Infine Abramo capisce che il Dio di Israele è misterioso. Tutto ciò che ha donato può riprenderlo; la distanza fra noi e lui è comunque immensa, e l’uomo non deve fare un idolo della sua fede e della sua conoscenza.
Così, quando pensava di avere finito il suo percorso, Abramo si trova a ripartire da capo. La nostra vita evolve fino all’ultimo respiro, l’esperienza che portiamo nel cuore ci riempie la vita ma non ci mette mai al riparo da cambiamenti e svolte. Abramo, inoltre, fa esperienza dell’obbedienza assoluta: esiste un momento in cui la fede viene messa a durissima prova, tutto sembra essere sbagliato e fasullo, la nostra fede diventa nuda, la notte dei sensi e dello spirito prevale; in quei momenti impariamo a credere. Infine Abramo vive l’alterità di Dio: nel cammino dell’uomo, percepiamo, proprio avvicinandoci a Dio, la sua radicale alterità. Amare non significa possedere ma essere posseduti: per la Scrittura timore (di perdere l’amore) e amore convivono.
Il testo biblico di riferimento è: Genesi 22
(L’autore è sacerdote della diocesi di Aosta e cura il sito Internet: www.tiraccontolaparola.it )