Il 6 febbraio scorso il sinodo della Chiesa d'Inghilterra ha approvato una mozione che invita gli organismi competenti della comunità anglicana inglese a valutare se sia eticamente compatibile con i principi di fondo mantenere investimenti (2 milioni e 200 mila sterline a fine 2004, pari a circa 3 milioni e 190 mila euro) nella Caterpillar, industria statunitense che vende agli israeliani i bulldozer impiegati per abbattere case palestinesi nei Territori occupati. La raccomandazione sinodale ha suscitato dibattiti e reazioni, al punto che è dovuto intervenire il primate anglicano Rowan Williams.
Il 6 febbraio scorso il sinodo della Chiesa d’Inghilterra ha approvato una mozione che invita gli organismi competenti della comunità anglicana inglese a valutare se sia eticamente compatibile con i principi di fondo mantenere investimenti (2 milioni e 200 mila sterline a fine 2004, pari a circa 3 milioni e 190 mila euro) nella Caterpillar, industria statunitense che vende agli israeliani i bulldozer impiegati per abbattere case palestinesi nei Territori occupati.
La raccomandazione sinodale ha suscitato dibattiti e reazioni, al punto che qualche ebreo ha evocato lo spettro dell’antisemitismo. Per sgombrare il campo da ogni fraintendimento, il 10 febbraio l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, che è il primate della Chiesa d’Inghilterra, ha scritto al rabbino capo Jonathan Sacks. Nella sua lettera al connazionale l’arcivescovo dichiara che nessun membro del sinodo nutre il benché minimo sentimento antisemita e che la mozione approvata non implica alcuna decisione vincolante, ma esorta a vigilare, e a tenere aperto il dialogo con tutte le parti coinvolte: la stessa Caterpillar, gli israeliani e i palestinesi.
Il 7 marzo, reagendo alla mozione del sinodo, il Gruppo consultivo per gli investimenti etici (Eiag) della Chiesa d’Inghilterra ha ribadito quanto già affermato nel settembre 2005: non raccomanda di disinvestire dalla Caterpillar; continua il dialogo già intrapreso con quella società; tornerà su queste posizioni solo se vi saranno nuove vendite agli israeliani di macchinari da impiegare per abbattere le case palestinesi.
Secondo il Comitato israeliano contro la distruzione di abitazioni nei territori occupati (Icahd), dal 1967 ad oggi sono state circa 12 mila le case palestinesi abbattute, lasciando senza tetto o traumatizzate 70 mila persone.