Questa è una settimana particolarmente difficile per le comunità beduine jahalin che vivono nelle aree della Cisgiordania tra Gerusalemme Est e Gerico. Domenica 19 febbraio alcuni funzionari dell’Amministrazione civile (israeliana) sono arrivati al villaggio di Khan al-Ahmar accompagnati dalla polizia per consegnare ordini di «cessazione dei lavori» relativi a 43 strutture, un tipo di documento che di fatto precede gli ordini di demolizione. Tra le costruzioni a rischio c’è anche la Scuola di gomme, una scuola primaria realizzata con pneumatici usati e famosa fra le comunità perché accoglie circa 200 allievi provenienti da diversi villaggi.
«I beduini si sono sentiti molto umiliati, perché i funzionari non si sono quasi rivolti a loro e non gli hanno consegnato in mano i documenti limitandosi a lasciarli lì», dice suor Agnese Elli, che fa parte della comunità di suore Comboniane a Gerusalemme e assieme alle sue consorelle da anni collabora con le comunità beduine offrendo un servizio educativo per i bambini più piccoli. «Abbiamo aperto diversi asili e facciamo parte della cordata di enti che ha contribuito a realizzare la Scuola di gomme che ora è a rischio di esser demolita».
L’ordine consegnato domenica scorsa dovrebbe diventare operativo entro il 23 febbraio e suor Agnese spiega che «lunedì mattina abbiamo ricevuto una telefonata da Abu Soliman, uno dei capi della comunità, che ci informava dell’arrivo dei bulldozer e dei soldati israeliani al villaggio di Tabana. Questo piccolo centro si trova nella stessa area di Khan al-Ahmar, e anche lì abbiamo un asilo, quindi ci siamo recate sul luogo dove abbiamo visto che era stata demolita una casa. Poi parlando con le donne abbiamo saputo che altre due abitazioni sono in lista di demolizione per il 27 di febbraio».
Questi villaggi si trovano all’interno dell’Area C dei Territori palestinesi, amministrata da Israele, e in particolare nel corridoio E1, una zona considerata strategica per il controllo del territorio fino a Gerico e per l’espansione degli insediamenti.
Le comunità beduine che vivono su queste terre sono composte da poche centinaia di persone. Le famiglie sono estremamente povere e abitano all’interno di strutture temporanee costruite senza permessi da parte del governo israeliano, ma spesso con fondi europei. Suor Agnese racconta che «tutti i villaggi di questa zona in cui noi abbiamo gli asili, nel corso degli anni hanno ricevuto ordini di demolizione». In molti casi questi ordini sono stati sospesi grazie alle pressioni dell’Unione Europea e del governo statunitense.
Secondo gli abitanti di Khan al-Ahmar questa volta c’è qualcosa di diverso. «In passato abbiamo ricevuto ordini di demolizione per una o due strutture, ma ora si tratta di tutte le case», ha spiegato A’id Khais Jahalin, al quotidiano israeliano Haaretz. Aggiungendo di esser spaventato: «Ho parlato con il nostro avvocato, ci hanno fino a cinque giorni per opporci ed è un lasso di tempo strettissimo».
Secondo Haaretz le autorità israeliane hanno confermato che un numero così alto di ordini di demolizione non ha precedenti e che si tratta di un segnale delle intenzioni di trasferire l’interno villaggio in una zona diversa. Il prossimo passo avverrà giovedì 23 febbraio, quando la Corte suprema israeliana dovrà pronunciarsi e si saprà se le case verranno davvero distrutte.