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Mazin Qumziyeh. In difesa della natura

Carlo Giorgi
12 luglio 2016
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Mazin Qumziyeh. In difesa della natura
Lavori agricoli nel villaggio palestinese di Battir, non lontano da Betlemme. (foto Flash90)

A Betlemme, in Cisgiordania, c'è un museo di scienze naturali voluto dal naturalista Mazin Qumziyeh. È uno spazio di libertà dove educare i più giovani al rispetto per l'ambiente.


Libertà è correre in un prato cercando di acchiappare libellule con un retino in mano. Senza dover chiedere il permesso a nessuno. Tantomeno all’autorità militare di un Paese straniero.

Se Mazin Qumziyeh oggi è uno dei naturalisti più autorevoli della Palestina lo deve ai suoi ricordi infantili: «Mio zio Sana Atallah è stato il primo zoologo palestinese – racconta il professor Qumziyeh –. Quando partiva per le sue perlustrazioni sul campo, mi portava con sé. Così fin da piccolo ho potuto appassionarmi alla natura del mio Paese, conoscendo molti animali e molte piante. Poi c’è stato il ’67 con l’occupazione israeliana della Cisgiordania. E quel tipo di ricerche, purtroppo, è diventata impossibile per via delle restrizioni e delle difficoltà di movimento che abbiamo noi palestinesi…».

Anche per questo motivo, tornato da una lunga trasferta professionale negli Stati Uniti, Mazin ha deciso di fondare il primo Museo di Scienze naturali della Palestina. Il museo si trova a Betlemme, su un terreno concesso dall’Università cattolica della città e nasce in collaborazione con l’Istituto palestinese di biodiversità e sostenibilità. Entrati dal cancello ci si trova di fronte a un grande prato dove sono piantati alberi e specie vegetali tipiche della Palestina; un’ampia vasca artificiale riproduce le condizioni di vita necessarie ad animali e insetti acquatici. Poco distante sorgono gli uffici e i laboratori in cui lavora lo staff del museo. «Il nostro non è solo un posto in cui si conservano oggetti – spiega Mazin –: a noi interessa invece un museo “vivente”, dove si possa studiare l’impatto umano sulla natura. Ad esempio, per millenni qui l’agricoltura è stata esclusivamente biologica; oggi si usano pesticidi ed insetticidi che hanno pesanti conseguenze; il museo vuole conservare la biodiversità della Palestina ma si occupa anche dell’inquinamento e degli effetti antropici sulla natura». Lo staff è composto da due sole persone assunte e da diversi volontari, compreso Mazin e sua moglie, che vi lavorano sette giorni su sette. Un gruppo composto soprattutto da giovani, che inizia a dare i suoi frutti avendo già pubblicato contributi scientifici su flora e fauna palestinese: approfondimenti su scorpioni, rettili, anfibi, serpenti d’acqua; ma anche sulle conseguenze tossiche degli insediamenti sull’ambiente. Nel 2015 i visitatori, in gran parte scolaresche, sono stati 3.500: «Il nostro è essenzialmente è un centro per la pace – scherza lo scienziato –: pace per gli animali, per la natura e anche per la gente che viene qui; un giardino utile anche per calmarsi dallo stress, contemplando le libellule o le rane nella nostra vasca naturale. Qui la gente può informarsi su inquinamento, riciclaggio, compostaggio. Mi piacerebbe che un giardino del genere ci fosse in ogni città e villaggio palestinese. Come anche in ogni città e villaggio israeliano».

Parlando con il professor Qumziyeh, la terra di Palestina, troppo spesso citata da politici arabi o israeliani in modo ideologico, torna concreta e reale: è la terra di tante specie di agrumi e dell’ulivo, sulle cui chiome nidifica la Cynniris Osea o nettarinia palestinese, un uccello dal vivace piumaggio blu e nero, considerato da molti l’animale simbolo del Paese; ed è la terra dove, a causa della guerra e dell’inquinamento diversi animali – tra cui una specie di rane già scomparsa in Giordania – rischiano l’estinzione. «Per noi è difficile però lavorare per la salvaguardia delle specie – spiega il professore – la maggior parte delle 55 aree naturali esistenti in Palestina si trova nella cosiddetta Area C, sotto il controllo israeliano, che possiamo visitare solo se ci viene concessa un’autorizzazione». Il museo in questi anni ha collaborato con scienziati e ricercatori stranieri. Anche israeliani? «Con loro ci scambiamo idee e ci confrontiamo su molti temi, ma solo in modo informale – spiega il professore –. Non abbiamo mai pubblicato insieme articoli scientifici perché questo significherebbe rendere ufficiale una collaborazione e, di conseguenza, rendere “normale” l’occupazione israeliana della Palestina, che non possiamo accettare».

 


 

Un uomo capace di sognare

Mazin Qumziyeh ha fondato nel 2014 a Betlemme il primo Museo di Scienze naturali della Palestina. Laureato in Scienza naturali alla Jordan University di Amman, ha pubblicato prima ancora di finire gli studi il suo primo articolo scientifico sui pipistrelli in Giordania. Poi si reca negli Stati Uniti dove si specializza e lavora anche in campo medico, in diversi Stati (Connecticut, Texas, Tennessee). Nel 2008, in uno dei momenti più difficili della recente storia del conflitto arabo-israeliano (è l’anno dell’operazione militare su Gaza denominata Piombo fuso), decide di tornare in Palestina. Oggi insegna alle università di Betlemme e Birzeit e vanta una vivace attività da pubblicista, sia su argomenti scientifici sia su temi legati alla causa palestinese.

Terrasanta 4/2016
Luglio-agosto 2016

Terrasanta 4/2016

Eccovi il sommario dei temi toccati nel numero di luglio-agosto 2016 di Terrasanta su carta. Tutti i contenuti, dalla prima all’ultima pagina, ordinati per sezioni. Buona lettura!

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