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Una settimana tragica per Aleppo

Giuseppe Caffulli
6 maggio 2016
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Nei sobborghi della città e nei villaggi limitrofi sono in corso pesanti combattimenti contro le forze islamiste che hanno lanciato una controffensiva. La testimonianza dei frati della Custodia.


A poche ore dal raid aereo che ieri ha ucciso almeno trenta profughi, tra cui donne e bambini, in un campo profughi nel nord-ovest della Siria, ad Aleppo fatica a reggere la tregua concordata da Stati Uniti e Russia il 3 maggio. Nei sobborghi della città e nei villaggi limitrofi sono in corso pesanti combattimenti per contrastare le forze islamiste che hanno lanciato una violenta controffensiva. Proseguono intanto i bombardamento dell’aviazione russa nei pressi di Irbid e del confine con la Turchia, con numerosi morti.

Ramadi – città irachena in mano agli uomini del sedicente Stato islamico (Isis) per otto mesi dall’agosto 2015 al gennaio scorso – è stata rasa al suolo dai bombardamenti della coalizione anti-Isis guidata dagli Usa e dai combattimenti tra miliziani e forze lealiste irachene.

Da Aleppo giungono intanto le voci sempre più preoccupate dei frati della Custodia di Terra Santa, presenti al fianco dei cristiani restati in città. È stata infatti una settimana di sangue per la città. Piogge di missili sulle case, appena ristrutturate, e bombe sugli ospedali. «Durante la messa vespertina di domenica primo maggio – racconta fra Ibrahim –  sono caduti tanti missili nella zona di Azizieh e al Ram. Con una celebrazione affollatissima siamo riusciti con fatica a concludere la messa qui nella chiesa di San Francesco. Intanto fra Bassam (Zaza) e i fedeli di al Ram si sono messi al riparo nei rifugi, perché hanno bombardato la città quattro volte. Sono scesi tutti in fretta nella saletta sotterranea, dopo un esplosione percepita sul tetto. Non sappiamo i danni causati». Le stime parlano di circa 250 morti e un numero indefinito di feriti solo negli ultimi nove giorni.

La situazione ad Aleppo, da tempo sulla linea del fronte del brutale conflitto siriano, era critica anche prima di questo attacco. Circa 250 mila persone si trovano ancora in città. Una sola strada è ancora aperta per entrare e uscire dalle aree non controllate dal governo. Nell’ultima settimana, diversi ospedali e strutture mediche sono stati attaccati e distrutti.

Intanto vengono confermate le voci secondo cui 5 mila jihadisti sarebbero entrati dalla Turchia in Siria e si sarebbero attestati a Idlib e nelle periferie di Aleppo. Tra di essi, massiccia la presenza di combattenti jihadisti del Partito islamico turkmeno, che hanno ricevuto munizioni ed armi dal Fronte di Al Nusra e dai Soldati di Al Aqsa composto da siriani e da altre nazionalità. Sarebbero turchi uiguri cinesi, che hanno fissato il loro quartiere generale nel villaggio di Al Bawabiya (a sud ovest di Aleppo, a due chilometri dall’autostrada che conduce a Damasco). Di fronte alla ferocia di questi nuovi combattenti musulmani, agli abitanti non restano che due possibilità: o unirsi alla loro causa o intraprendere un lungo e doloroso esodo.

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