(c.l.) – Per il Municipio di Gerusalemme, la battaglia fiscale è aperta: le Chiese di Gerusalemme devono pagare le tasse comunali (che vanno sotto il nome di Arnona) sulle proprietà utilizzate a fini commerciali. Resta invece esclusa ogni tassazione sui luoghi di culto e di preghiera. Dal canto loro, i 13 patriarchi e capi delle Chiese di Terra Santa hanno replicato all’amministrazione cittadina con una dichiarazione comune, datata 14 febbraio, nella quale si dicono «fermi e uniti nella difesa della nostra presenza e delle nostre proprietà».
Tutti i firmatari, dall’amministratore apostolico del patriarcato latino, mons. Pierbattista Pizzaballa, al Custode di Terra Santa, fra Francesco Patton, passando per il patriarca greco-ortodosso Theophilos III e per quello armeno Nourhan Manoughian, considerano la posizione della municipalità contraria «alla posizione storica tra le Chiese [presenti] nella Città Santa di Gerusalemme e le autorità civili [che si sono succedute] nel corso dei secoli». Autorità che – osservano i firmatari del comunicato – «hanno sempre riconosciuto e rispettato il grande contributo delle Chiese cristiane, le quali hanno investito miliardi in Terra Santa per costruire scuole, ospedali e case, tra cui molte destinate ad anziani e svantaggiati».
Gli ecclesiastici dichiarano che «una simile misura (l’intimazione comunale al versamento delle tasse – ndr) danneggia il carattere sacro di Gerusalemme e mette a repentaglio la capacità della Chiesa di condure il proprio ministero in questa terra a nome delle sue comunità e della Chiesa presente nel mondo intero». Forti di questa convinzione i dignitari ecclesiastici chiedono alla municipalità di Gerusalemme di tornare sui suoi passi «e di continuare a vigilare perché lo status quo, sancito dalla storia sacra sia sostenuto, e il carattere della Città Santa di Gerusalemme non venga violato».