I pellegrinaggi costituiscono una pratica transculturale, la cui storia, tuttavia, imbocca un nuovo tornante proprio con l’edificazione delle basiliche costantiniane, che attirano in Terra Santa fedeli desiderosi di compiere un itinerario ascetico, rapportabile alla pratica della Imitatio Christi. Durante l’epoca moderna, la pratica penitenziale del pellegrinaggio gerosolimitano riprende in misura più ridotta, rispetto all’antichità, grazie all’intervento di Venezia, che ottiene la cessazione dell’interdetto e assicura appoggio politico ai francescani. Successivamente, l’esercizio devozionale viene affiancato da un’osservazione della realtà profana, della quale vengono descritti, anche grazie all’impiego del vernacolo, una molteplicità di particolari e di curiosità, concernenti gli abitanti, la flora, la fauna, la botanica e la zoologia, l’ambiente marino, le pietre, i sistemi di difesa dei Mamelucchi ed altre «divagazioni».
Lungo il corso del tempo, anche i luoghi di imbarco sono soggetti ad un certo mutamento: nel XII secolo si parte da Bari, nel XIII da Marsiglia, mentre durante tutta l’epoca mamelucca, da Venezia. Il viaggio, a bordo di galee dotate di spazi che non consentono distinzioni sociali, dura dalle quattro alle sei settimane e prevede scali a Corfù, Modon, Creta, Rodi, Cipro, con approdo finale a Giaffa. In Palestina, i pellegrini vengono accolti a Rama o Ramleh, a Lidda e a Gerusalemme, dove gli alloggi per l’ospitalità sono disposti in luoghi differenti, a seconda delle epoche: inizialmente a sud del Sepolcro, poi al Cenacolo; quindi, per le donne, presso le Clarisse e in un non meglio identificato «ospizio», costruito con una somma offerta da una nobile fiorentina.
Per la visita a Gerusalemme, i francescani propongono ben undici itinerari, dei quali il più noto, nonché il più suggestivo, è la Via Dolorosa. Un altro percorso prevede invece la visita ai santuari della valle di Giosafat: dal Getsemani alla tomba della Vergine, al giardino degli ulivi, al monte dell’ascensione. Le pratiche devozionali previste sono molteplici e possono svolgersi in gruppo oppure singolarmente. La devotio moderna spinge a compiere gesti di pietà tangibile, quali il bacio delle pietre, il calpestare e l’appoggiare le mani sui luoghi già teatro del passaggio di Cristo. Molti raccolgono pietre, altri addirittura le collezionano, quasi tutti incidono croci sulle superfici murarie dei santuari e talvolta sugli arredi in legno ivi disposti. I più dotati affidano i propri ricordi a diari e itinerari di viaggio. Dalla prima metà del secolo XIX si registra una notevole ripresa del pellegrinaggio in Terra Santa, raggiungendo il milione di visitatori. Nella sola Inghilterra, tra il 1840 e il 1880, le pubblicazioni sui pellegrinaggi in Terra Santa, tra libri e opuscoli, ammontano a 1.600 esemplari. Risulta poi impossibile enumerare le xilografie, le litografie e i lavori di diversi paesaggisti.
Nel corso del XIX secolo, la mobilitazione dei pellegrini viene assai facilitata da un notevole miglioramento dei mezzi di trasporto. Il tragitto Napoli-Porto Said, a bordo dei nuovi piroscafi, diventa assai agevole e veloce: quella distanza può essere coperta nel giro di cinque o sei giorni. I pellegrinaggi sono composti da devoti di confessione anglicana, luterana, battista e, naturalmente, cattolica, rivelandosi tutti ispirati da un analogo desiderio, sia pure religioso, di «conquista». Pellegrino si ritenne anche il generale Allenby, il quale, entrando a Gerusalemme nel 1917, trovò del tutto naturale proclamare il ristabilimento del dominio dei crociati, dopo un intervallo perdurato 730 anni.
Terrasanta 4/2017
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