(g.m.) – Non è che è un piccolo kibbutz di poche centinaia di abitanti Huqoq, situato nel nord della Galilea, una decina di chilometri a nord dal lago di Tiberiade. Secondo una tradizione che risale al XII secolo è il luogo di sepoltura del profeta Abacuc, ma a renderlo oggetto di vivo interesse da parte degli archeologi è qualcos’altro. A poca distanza dalle abitazioni si trovano infatti i resti dell’antico villaggio di Huqoq, risalente all’età del bronzo, al quale, puntuali ogni estate, tornano la professoressa Jodi Magness e i suoi studenti dall’Università del North Carolina, come riferisce il quotidiano The Times of Israel. I loro scavi e le loro attenzioni sono tutti concentrati sulle rovine di un grande edificio medievale, realizzato con i resti di una costruzione ancora più antica che, seppur con qualche legittimo dubbio dovuto alla sua venerabile età, era quasi certamente un luogo di culto per gli ebrei della zona. Vecchia di sedici secoli, la sinagoga di Huqoq nascondeva mosaici di fattura pregiatissima e perciò, dal 2012, è oggetto di scavi archeologici che ogni anno portano alla luce dettagli sempre più interessanti.
Nel 2012 e 2013 il gruppo della professoressa Magness ha portato alla luce due mosaici raffiguranti episodi della vita di Sansone, l’eroe biblico dai lunghi capelli e dalla forza sovrumana. Il primo lo mostra intento a incendiare i campi di grano dei filistei, legando – come narra il capitolo 15 del Libro dei Giudici – delle torce accese alla coda di alcune volpi. Il secondo mosaico si riferisce invece al capitolo seguente e mostra l’eroe che si carica sulle spalle l’intera porta della città di Gaza. Entrambi i reperti sono stati salutati con grande interesse dagli archeologi dato che, come aveva spiegato la Magness alla rivista Science News all’epoca del ritrovamento, «solo poche sinagoghe del periodo tardo romano sono decorate con mosaici di episodi biblici, e solo altre due hanno scene della vita di Sansone». Ma i successivi scavi avrebbero portato alla luce solo altre sorprese.
Durante la sessione di scavi del 2013 venne rinvenuto un mosaico raffigurante la prima scena non biblica trovata in una sinagoga antica. Il pavimento della navata orientale raffigura infatti la leggenda ebraica dell’incontro tra Alessandro Magno e il sommo sacerdote degli ebrei, con tanto di elefanti al seguito del condottiero macedone. Più avanti sono venute alla luce anche altre scene bibliche: l’episodio dell’arca di Noè, l’apertura del Mar Rosso, la costruzione della torre di Babele e un Giona ingoiato dalla balena ritrovato quest’anno, che potrebbe essere la più antica raffigurazione di quella storia. Tutti questi mosaici sono di grande valore artistico, sia per la raffinatezza delle raffigurazioni, sia per la ridotta dimensione dei tasselli. «Questo, insieme al taglio monumentale delle pietre usate per la costruzione delle pareti della sinagoga, suggerisce un alto livello di prosperità del villaggio, dato che l’edificio era chiaramente molto costoso», osserva la professoressa Magness.
Ma i mosaici sono notevoli anche per alcuni dettagli che li differenziano dalle fonti alle quali attingono. È il caso della rappresentazione tratta dal Libro di Giona: reinterpretando il testo biblico che lo vuole preda di un solo «grande pesce», nel mosaico di Huqoq il profeta è sì ingoiato da un grande pesce, che però è divorato anch’esso da un pesce più grande, a sua volta ingoiato da un pesce ancora più grande. Lo stesso famelico mostro marino si ritrova nel mosaico ispirato al passaggio del Mar Rosso, dove lo si vede assalire i soldati del faraone, particolare di cui nell’Esodo non si fa menzione. «I mosaici di Huqoq sono insolitamente ricchi e variegati» ha spiegato la professoressa Magness e «mostrano varianti delle storie bibliche che devono rappresentare tradizioni orali che circolavano tra la popolazione ebraica locale».
Oltre alle discrepanze dal testo sacro, inoltre, i mosaici di Huqoq sfoggiano un ricco assortimento di elementi decorativi che appartengono alla tradizione classica, come putti alati, arpie e il dio greco-romano del sole, Elio, raffigurato su un carro trainato da quattro cavalli, circondato dai segni zodiacali e da personificazioni dei mesi dell’anno. Un’abbondanza di stranezze e unicità che continua a incuriosire gli archeologi, i quali torneranno nell’estate del 2018 con la speranza di trovare qualche altra prelibatezza artistica.