L'Europa «ha buone relazioni con tutti i Paesi del Golfo e le manterrà», ha assicurato giorni fa Federica Mogherini. Buone relazioni anche con chi finanzia i terroristi nelle sue città?
Qualche giorno fa, incontrando lo sceicco Muhammed bin Abdulrahman al Thani, ministro degli Esteri del Qatar, la responsabile della politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini, ha ribadito che l’Europa «ha buone relazioni con tutti i Paesi del Golfo e le manterrà». Avere «buone relazioni» con questo o quel Paese è un proposito sicuramente encomiabile. Le cose però cambiano se salta fuori che quel Paese, e magari non solo lui, è un attivo promotore e sostenitore del terrorismo. Possiamo avere «buone relazioni» con chi fomenta gli stragisti che colpiscono anche nelle nostre strade?
Il Qatar sostiene da sempre i Fratelli Musulmani, le cui ramificazioni sono responsabili di azioni terroristiche in Egitto e in Siria soprattutto, ma anche altrove. E proprio di questo lo accusano Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Bahrein, Paesi con cui, appunto, abbiamo “buone relazioni”, appoggiati da un peso massimo delle relazioni internazionali come gli Usa. Non dovremmo forse fidarci di tanti solidi pareri? Anche perché l’accusa non è nuova: già nel 2014 si era arrivati a una crisi molto simile a quella attuale e per certi versi anche peggiore: contro il Qatar si erano pronunciati politici tedeschi («finanzia lo Stato islamico», disse Gerd Mueller, ministro per lo Sviluppo), francesi («aiuta i ribelli del Mali contro le truppe inviate da Parigi») e palestinesi («ha incoraggiato Hamas a sabotare i colloqui di pace con Israele»).
Dunque dovremmo fare qualcosa, contro questo Qatar che sostiene il terrorismo un po’ ovunque. E non, per dire, assegnargli la Coppa del Mondo di calcio del 2022, un affarone da 160 miliardi di dollari.
E invece no. Con il Qatar che sostiene il terrorismo vogliamo avere «buone relazioni». D’altra parte, perché no? Il principale dei suoi accusatori, l’Arabia Saudita, è noto per essere a sua volta promotore e finanziatore del terrorismo. Su un altro versante (più Isis e Al Qaeda) ma con gli stessi fini e le stesse aberrazioni. Ce lo dicono tutti gli studi seri sul tema prodotti negli ultimi tre decenni e, se non bastasse, lo confermano molte email di Hillary Clinton che, sia negli anni in cui fu segretario di Stato degli Usa (2009-2013) sia nel periodo della recente campagna per le presidenziali, ha più volte ribadito che proprio i sauditi sono i principali sostenitori dell’Isis.
Quindi, per sintetizzare: se ci schieriamo con i sauditi, ci mettiamo con gente che promuove il terrorismo; se stiamo con i qatarioti, anche. Per non sbagliare, cerchiamo di stare con tutti, ben sapendo che tutti finanziano e appoggiano terroristi. Per carità, sarà pure la dura necessità della politica internazionale. Ma non ci vuole un genio per capire che fa a pugni con i buoni propositi, fin troppo spesso proclamati, di stroncare il terrorismo e garantire la sicurezza ai cittadini.
Perché Babylon
Babilonia è stata allo stesso tempo una delle più grandi capitali dell’antichità e, con le mura che ispirarono il racconto biblico della Torre di Babele, anche il simbolo del caos e del declino. Una straordinaria metafora del Medio Oriente di ieri e di oggi, in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, tra sviluppo e declino. Proveremo, qui, a raccontare questa complessità e a trovare, nel mare degli eventi, qualche traccia di ordine e continuità.
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Fulvio Scaglione, nato nel 1957, giornalista professionista dal 1981, è stato dal 2000 al 2016 vice direttore di Famiglia Cristiana. Già corrispondente da Mosca, si è occupato in particolare della Russia post-sovietica e del Medio Oriente. Ha scritto i seguenti libri: Bye Bye Baghdad (Fratelli Frilli Editori, 2003), La Russia è tornata (Boroli Editore, 2005), I cristiani e il Medio Oriente (Edizioni San Paolo, 2008), Il patto con il diavolo (Rizzoli, 2016). Prova a raccontare la politica estera anche in un blog personale: www.fulvioscaglione.com