Per sostenere la rivolta contro il regime del presidente siriano Bashar al Assad, in Arabia Saudita hanno pensato di utilizzare un telethon, che in cinque giorni ha raccolto l'equivalente di circa 88 milioni di euro. Lo stesso re Abdallah ha inaugurato la maratona «di solidarietà» con un’offerta di 5,3 milioni di dollari.
(Milano/c.g.) – Per sostenere la rivolta contro il regime del presidente siriano Bashar al Assad, in Arabia Saudita hanno pensato di utilizzare un telethon, ovvero la modalità di raccolta fondi più televisiva e coinvolgente, inaugurata in Occidente diversi anni fa a scopo benefico e oggi piegata, in Medio Oriente, alla causa politica. Come riporta l’Agenzia di stampa saudita (Spa), si è concluso con una raccolta di 108 milioni di dollari (equivalenti a circa 88 milioni di euro) l’inedito telethon finalizzato al «soccorso al popolo siriano», promosso dal sovrano saudita Abdallah bin Abdul Aziz in persona.
Da lunedì 23 luglio a venerdì 27, per cinque giorni, è stato possibile a chiunque versare un’offerta – telefonando su una linea gratuita o collegandosi via Internet – presso un conto dedicato allo scopo, aperto presso la maggiore banca islamica del Paese. Lo stesso re Abdallah avrebbe inaugurato la maratona «di solidarietà» con un’offerta di 5,3 milioni di dollari, spronando poi i suoi sudditi alle donazioni. I media sauditi hanno seguito l’evento comunicando giorno per giorno l’ammontare delle offerte. Il telethon saudita, secondo gli organizzatori, alla fine dei cinque giorni, oltre ai soldi avrebbe ottenuto lo scopo di raccogliere anche cibo, medicinali, vestiti, tende, coperte e gioielli.
In occasione del telethon il governo saudita ha espresso la sua indignazione «nei confronti dell’aumento della violenza da parte del regime siriano verso città e villaggi», sottolineando che «la Siria starebbe violando in questo modo tutti gli impegni arabi e internazionali». Inoltre ha espresso il proprio supporto ai ribelli siriani contro il regime di Assad. I sauditi recentemente avrebbero anche proposto di versare dei salari ai ribelli, in modo da incentivare la diserzione di soldati dell’esercito di Assad.
Sono insistenti le voci che vedono l’Arabia Saudita e il Qatar tra le nazioni che stanno provvedendo, senza un accordo internazionale, all’invio di armi ai ribelli siriani.