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Kairos Palestina. Scendono in campo i palestinesi cristiani

Giampiero Sandionigi
25 marzo 2010
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<i>Kairos Palestina</i>. Scendono in campo i palestinesi cristiani
Palestinesi accanto al muro di separazione israeliano, nei dintorni di Gerusalemme (foto L. Senigalliesi)

In dicembre a Betlemme un gruppo di personalità cristiane ha pubblicato il Documento Kairos Palestina. Un momento di verità: una parola di fede, speranza e amore dal cuore della sofferenza palestinese. Grazie all'appoggio del Consiglio ecumenico delle Chiese, Kairos Palestina viene letto in tutto il mondo. E fa discutere.


Dopo un percorso di «confronto, preghiera e riflessione» un gruppo di personalità cristiane palestinesi l’11 dicembre scorso ha reso pubblico a Betlemme il Documento Kairos Palestina, un articolato testo in dieci punti che ha come sottotitolo: Un momento di verità: una parola di fede, speranza e amore dal cuore della sofferenza palestinese.

Al momento del lancio i firmatari, laici e religiosi, erano un centinaio. Oggi, anche grazie ad Internet, i firmatari palestinesi sono saliti a 1.310, mentre sono 857 i non palestinesi che appoggiano il documento. Vi aderiscono varie ong e ed esponenti del laicato cristiano, ma ne restano fuori le istituzioni ufficiali in quanto tali (come ad esempio i patriarcati, le diocesi, la Custodia di Terra Santa). L’iniziativa ha trovato echi anche a Ginevra, presso il quartier generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, che attraverso i propri canali informativi ha diffuso Kairos Palestina in tutto il mondo.

Il testo, elaborato da intellettuali e teologi, esprime il sentire proprio dell’animo palestinese cercando di leggere la situazione attuale alla luce della fede, della speranza e dell’amore. I toni, però, restano franchi e non edulcorati.

I principali destinatari di Kairos Palestina sono gli israeliani, le Chiese di tutto il mondo, la società palestinese e la comunità internazionale.

Gli estensori del manifesto spiegano di essersi decisi a pubblicarlo in questo preciso momento storico perché «abbiamo raggiunto un punto morto nella tragedia del popolo palestinese. Chi prende le decisioni si accontenta di gestire la crisi anziché dedicarsi al difficile compito di trovare vie d’uscita».

Il testo elenca le cause della sofferenza attuale: un processo di pace che è solo parole senza fatti; il muro di separazione; gli insediamenti; le umiliazioni ai check-point; la separazione forzata tra i membri di molte famiglie; le restrizioni alla libertà religiosa; la condizione dei profughi e delle migliaia di detenuti nelle carceri israeliane; Gerusalemme che viene svuotata dalla sua popolazione araba; il disprezzo di Israele per la legislazione internazionale; l’emigrazione; il blocco di Gaza, l’occupazione militare dei Territori, a cui si risponde con la resistenza; le discriminazioni patite dagli arabi israeliani.

Nella parte propositiva, gli autori del documento propongono una serie di cambiamenti di rotta ai loro interlocutori. Ne citiamo solo alcuni: la promessa biblica della terra promessa non sia interpretata come un programma politico; si cerchi di amare ogni uomo e donna, incluso il nemico, resistendo però al male – come l’occupazione israeliana dei Territori – con i mezzi della giustizia; si rinunci al fanatismo o all’idea di costituire uno Stato confessionale (ebraico o musulmano che sia); si deponga ogni razzismo; si ponga fine alla divisioni politiche fra palestinesi; si riconosca lo speciale ruolo di Gerusalemme e si pongano i negoziati sulla città in cima alla lista delle questioni da risolvere e non in coda.

All’interno della comunità cristiana palestinese Kairos Palestina non ha riscontrato unanimi consensi. Molti si interrogano sull’opportunità di un simile testo e soprattutto di alcuni suoi passaggi. Tra i più discussi – e non solo in Palestina – c’è l’adesione alla campagna di boicottaggio economico di Israele, intesa come modalità di resistenza e lotta non violenta contro l’occupazione dei Territori. Recita un passaggio del documento: «Varie organizzazioni civili palestinesi, organizzazioni internazionali, ong e talune istituzioni religiose chiamano gli individui, le società e gli Stati a impegnarsi nel disinvestire e in un boicottaggio economico e commerciale di ogni bene prodotto dall’occupazione. (…) Queste campagne di sensibilizzazione devono essere portate avanti con coraggio, proclamando apertamente e sinceramente che il loro obiettivo non è la vendetta, ma piuttosto il mettere fine al male esistente, liberando tanto gli autori quanto le vittime dell’ingiustizia. Lo scopo è liberare entrambi i popoli dalle posizioni estremiste dei diversi governi israeliani, portando giustizia e riconciliazione. In questo spirito e con questa dedizione raggiungeremo finalmente la sospirata risoluzione ai nostri problemi, come é successo in Sud Africa e con molti altri movimenti di liberazione nel mondo». (n. 4.2.6)

Rifat Kassis, coordinatore dell’iniziativa che ha portato alla nascita del Documento, spiega questo approccio in un articolo apparso il 4 marzo scorso sulla testata digitale The Electronic Intifada.

Gli autori di Kairos Palestina, riconosce Kassis, si sono sentiti domandare più volte cosa implichi il termine «boicottaggio» e fino a che punto ci si spinga. Si auspica, spiega il Nostro, non solo il boicottaggio dei prodotti e delle organizzazioni che hanno a che fare con gli insediamenti in Cisgiordania, ma di ogni prodotto e organismo israeliano. In sintesi, dice Kassis, non possiamo permetterci di essere selettivi, dal momento che neppure l’occupazione è selettiva. «Il boicottaggio – spiega l’autore – è anche la manifestazione del nostro diritto, come palestinesi, di decidere i termini della nostra lotta e della nostra libertà. Ciò non significa che non diamo valore ai contributi dei nostri sostenitori, sia in Israele che altrove. Ma come palestinesi, alla fine, abbiamo il diritto di scegliere i nostri metodi di resistenza».

Nel suo articolo, Kassis ribatte a tutta una serie di obiezioni provenienti dai sostenitori della causa palestinese in Israele e nel mondo e con molta determinazione conclude: «Come Chiese non dobbiamo semplicemente essere “strategiche”: dobbiamo essere profetiche. Dobbiamo alzare le nostre voci. Il boicottaggio darà alle nostre parole il vigore dei fatti».

Il testo integrale di Kairos Palestina è disponibile in varie lingue (compresa una poco felice versione italiana) nel sito Internet appositamente creato. Per la versione integrale dell’editoriale di Rifat Kassis clicca qui.

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