È un Sinodo «della luce» e non «della paura» per i cristiani del Medio Oriente. È la riflessione del biblista francescano Frédéric Manns, che partecipa ai lavori in qualità di esperto. Per rafforzare l’unità tra le Chiese orientali e con la Chiesa di Roma, suggerisce il frate, si potrebbe lanciare un «Anno giovanneo».
(Roma) – È un Sinodo «della luce» e non «della paura» per i cristiani del Medio Oriente. È la riflessione del biblista francescano Frédéric Manns, che partecipa ai lavori in qualità di esperto. Per rafforzare l’unità tra le Chiese orientali e con la Chiesa di Roma, suggerisce il frate, si potrebbe lanciare un «Anno giovanneo».
Classe 1942, nato in Croazia ma di origini francesi, padre Manns vive a Gerusalemme da 38 anni, dal 1984 insegna esegesi del Nuovo Testamento allo Studium biblicum franciscanum e ha diretto l’istituto stesso, la facoltà di Scienze bibliche di Gerusalemme, dal 1996 al 2001. Specialista del rapporto tra ebraismo e cristianesimo nei primi secoli e delle sue implicazioni esegetiche, egli ha in particolare scandagliato tale rapporto nel Vangelo secondo Giovanni, che in questa intervista indica come centrale per l’attuazione del Sinodo quando i padri sinodali saranno rientrati in patria.
Padre Manns, si è parlato di emigrazione e delle difficoltà in tutti i Paesi a maggioranza islamica. Che cosa resterà di questo Sinodo?
Io penso che questo non sia il Sinodo della paura dei cristiani, che cercano scampo alle difficoltà con l’emigrazione, ma è il Sinodo della luce: la luce che viene dall’Oriente e vince le tenebre. Penso che quello che rimarrà di questa assise è la consapevolezza che Gerusalemme è la madre di tutti i popoli, come dice il salmo 87: «Là tutti sono nati». E che il Signore ha chiesto di rimanere in questa città, perché è lì che i discepoli riceveranno lo Spirito. Dunque, affinché la Chiesa possa restare e continuare ad avere questa missione di pace, tutti i fedeli sono invitati a riprendere i pellegrinaggi sui passi del loro Maestro: tutti sono chiamati a riprendere i pellegrinaggi non solo in Israele e Palestina ma anche nei Luoghi Santi in Siria, in Libano, in Giordania, in Egitto. Tutto questo permetterà di ritrovare le comunità e ristabilire forme di conoscenza e di collaborazione con questi fratelli nella fede.
Si è parlato di rafforzare la comunione in primis fra le Chiese cattoliche orientali. Come potrà avvenire questo?
Le Chiese cattoliche d’Oriente riconoscono il carisma di Pietro. Riconoscono che egli è lo strumento nell’esercizio del primato: Pietro è colui che ha il primato nella carità, il compito di rafforzare l’unità che non è l’uniformità. Sarebbe importante a questo punto un approfondimento della figura e dell’insegnamento dell’apostolo Giovanni, visto che gli orientali sono molto più vicini di noi a Giovanni. Bisognerebbe suggerire alle autorità vaticane di lanciare un anno giovanneo: per permettere a tutti di rileggere l’apostolo Giovanni, visto che dalle parole bisogna passare ai fatti, altrimenti se tutto deve restare sulla carta non c’era necessità di venire fino a Roma. Per riscoprire il carisma di Pietro, il primato petrino, dobbiamo rileggere l’apostolo Giovanni.
Su quali elementi puntare per lavorare all’unità?
Quello che permetterà di ritrovare l’unità è la stella d’Oriente: Maria era nel Cenacolo, lei era l’unica persona che era il trait d’union fra gli apostoli e Gesù. E penso che Maria sia l’unica donna che può dare a tutte le donne orientali il coraggio di sopportare il dolore: quante donne nei nostri Paesi piangono un figlio perso in guerra! La stella di Maria può essere un segno di speranza e un segno di evangelizzazione nel nostro mondo globalizzato e che ha bisogno di testimoni autentici.
Dopo tante voci diverse e opinioni contrastanti risuonate in aula, come arrivare a una sintesi finale?
Anche i patriarchi e i vescovi sono uomini, la grazia di stato del sacramento non distrugge la natura umana. La prima settimana si è verificata una certa cacofonia, come prima di un concerto quando tutti accordano gli strumenti. Ma con il passare dei giorni si è visto che la verità è sinfonica, è fatta dall’insieme, da tutte le note positive. E allora, da un vociare dal quale emergevano solo problemi e difficoltà, alla fine si è fatta strada la voce dello Spirito. È emersa una visione più ecclesiale, più soprannaturale, dove la forza della luce prevale nettamente sulle ombre.