In Vaticano è stata accolta positivamente la decisione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in favore della Palestina. Il supremo organo dell’Onu ha approvato ieri, con una maggioranza schiacciante, il riconoscimento della Palestina come Stato osservatore non membro. Una mossa a cui si sono strenuamente opposti fino all’ultimo Israele e gli Stati Uniti.
(Milano/e.p.-g.s.) – In Vaticano è stata accolta positivamente la decisione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in favore della Palestina. Il supremo organo dell’Onu ha approvato ieri, con una maggioranza schiacciante, il riconoscimento della Palestina come Stato osservatore non membro, una mossa a cui si sono strenuamente opposti fino all’ultimo Israele e gli Stati Uniti. I palestinesi potrebbero ora potenzialmente aderire ad altri organismi come la Corte penale internazionale (anche se hanno smentito di volerlo fare).
«La Santa Sede saluta con favore la decisione dell’Assemblea Generale grazie alla quale la Palestina è diventato Stato osservatore non membro delle Nazioni Unite», recita un comunicato diffuso nella serata di ieri dalla sala stampa vaticana.
Il testo vaticano coglie l’«occasione propizia» per richiamare «la posizione comune» sulla città di Gerusalemme che la Santa Sede e l’Organizzazione per la liberazione della Palestina espressero il 15 febbraio 2000, quando le due parti sottoscrissero un Accordo fondamentale sulle relazioni bilaterali. Una posizione che, si sottolinea, era «volta a sostenere il riconoscimento di uno statuto speciale internazionalmente garantito per la città di Gerusalemme, ai fini in particolare di preservare la libertà di religione e di coscienza, l’identità e il carattere di Gerusalemme quale Città Santa, e il rispetto e l’accesso ai Luoghi Santi situati in essa».
La dichiarazione diffusa ieri sera inquadra il voto espresso a New York «nei tentativi di dare una soluzione definitiva, con il sostegno della comunità internazionale». Si richiama, in qualche modo, alla Risoluzione 181 del 29 novembre 1947, con la quale la stessa Assemblea Generale pose le basi giuridiche per la creazione di due Stati (proprio ieri ricorreva il 65.mo anniversario, come ha ricordato anche il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas, nel suo breve discorso in Assemblea).
Nei giorni precedenti la votazione la Santa Sede aveva mantenuto una posizione neutrale, senza però tacere il suo incoraggiamento alla soluzione dei due Stati. A tal proposito il comunicato evoca le parole pronunciate da Benedetto XVI il 15 maggio 2009 all’aeroporto internazionale di Tel Aviv, al termine del suo pellegrinaggio in Terra Santa: «Non più spargimento di sangue! Non più scontri! Non più terrorismo! Non più guerra! Rompiamo invece il circolo vizioso della violenza. Possa instaurarsi una pace duratura basata sulla giustizia, vi sia vera riconciliazione e risanamento. Sia universalmente riconosciuto che lo Stato di Israele ha il diritto di esistere e di godere pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti. Sia ugualmente riconosciuto che il popolo palestinese ha il diritto a una patria indipendente sovrana, a vivere con dignità e a viaggiare liberamente. Che la “two-state solution” (la soluzione di due Stati) divenga realtà e non rimanga un sogno».
La Santa Sede si dice convinta che il risultato di ieri «non costituisca, di per sé, una soluzione sufficiente ai problemi esistenti nella Regione: ad essi, infatti, si potrà rispondere adeguatamente solo impegnandosi effettivamente a costruire la pace e la stabilità nella giustizia e nel rispetto delle legittime aspirazioni, tanto degli israeliani quanto dei palestinesi».
Proprio per questa ragione «la Santa Sede, a più riprese, ha invitato i responsabili dei due popoli a riprendere i negoziati in buona fede e ad evitare di compiere azioni o di porre condizioni che contraddicano le dichiarazioni di buona volontà e la sincera ricerca di soluzioni che divengano fondamenta sicure di una pace duratura».
Il Vaticano reitera anche il suo «pressante appello alla comunità internazionale ad accrescere il proprio impegno e ad incentivare la propria creatività, per adottare adeguate iniziative che aiutino a raggiungere una pace duratura, nel rispetto dei diritti degli israeliani e dei palestinesi».
Da parte sua, Israele ribadisce che non c’è alcun bisogno di uno status internazionale per Gerusalemme perché le garanzie richieste già sussistono. La città resta però contesa tra gli israeliani, che l’hanno dichiarata loro capitale «unita ed eterna» e i palestinesi che vogliono Gerusalemme Est come capitale del proprio futuro Stato.
Dei 193 Stati membri dell’Assemblea Generale Onu, 138 hanno votato a favore e 9 contro il riconoscimento della Palestina come Stato osservatore non membro; 41 gli astenuti; 5 gli assenti alla votazione.
In Cisgiordania e a Gaza i palestinesi hanno festeggiato nelle strade, mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha definito la votazione «priva di significato».
Per il segretario di Stato americano Hillary Clinton il voto è stato «inopportuno e controproducente» perché foriero di ulteriori ostacoli sulla strada verso la pace. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha chiesto l’avvio di una nuova fase di trattative.
I nove voti contrari espressi in Assemblea sono stati quelli di Canada, Isole Marshall, Israele, Micronesia, Nauru, Palau, Panama, Repubblica Ceca e Stati Uniti. Tra i 41 astenuti: Germania, Gran Bretagna, Olanda, Ungheria, Slovacchia, Polonia, Romania, i Paesi dell’ex Jugoslavia, l’Australia, la Corea del Sud, la Repubblica di San Marino e il principato di Monaco.