Pare che il governo provvisorio egiziano voglia voltare pagina nel rapporto con i cristiani copti. Le autorità del Cairo hanno annunciato l'istituzione di una Commissione nazionale con l'incarico di contrastare e prevenire ogni tipo di tensione religiosa nel Paese. In arrivo nuove norme.
(Milano/c.g.) – Il governo provvisorio egiziano ha iniziato a voltare pagina nel rapporto con i cristiani copti? Sembrerebbe di sì se si considera l’annuncio delle autorità del Cairo, riguardante l’istituzione di una Commissione nazionale per la giustizia; decisione presa in seguito alle tensioni religiose innescate dagli scontri di Imbaba dove, solo pochi giorni fa, l’assedio a una chiesa copta da parte di estremisti musulmani ha lasciato sul campo 12 morti e centinaia di feriti.
La Commissione ha ricevuto l’incarico di contrastare e prevenire ogni tipo di tensione religiosa nel Paese. La giunta al governo avrebbe dato alla nuova istituzione 30 giorni di tempo per varare due leggi: la prima dovrebbe finalmente regolare la possibilità di costruire luoghi di culto del Paese. La seconda, invece, bandirebbe l’uso di slogan religiosi nel corso delle manifestazioni politiche, che sarebbero comunque vietate di fronte a luoghi di preghiera.
La neonata commissione avrebbe il compito, tra l’altro, di redigere una legge che bandisca ogni tipo di discriminazione tra cittadini egiziani e assicuri le libertà e i diritti garantiti dalla nuova Costituzione, promulgata in marzo dal Supremo consiglio delle forze armate.
In Egitto, la costruzione e il restauro dei luoghi di preghiera non è garantita ai cristiani copti ed è un punto cruciale per l’affermazione della libertà religiosa. La Chiesa copta, infatti, anche durante il regime del deposto presidente Hosni Mubarak ha sempre lamentato di non poter restaurare e costruire liberamente i propri edifici di culto.
Recentemente, il vescovo copto Marcos della diocesi Shubra al-Khayama e portavoce del Santo Sinodo, nel corso di un’intervista rilasciata al nostro corrispondente dal Cairo Emil Amen, commentava: «Fino a oggi è stato lo stesso presidente della Repubblica ad accordarci i permessi per la costruzione delle chiese -spiega il vescovo-. Ma poi, in nome della sicurezza nazionale e senza ulteriori spiegazioni, altri uffici governativi ci impedivano di costruire le chiese. Non potevamo neppure aprire una finestra, senza permesso. Ringraziamo Dio, ora, che con il nuovo corso degli eventi ci siano giunte assicurazioni che una simile situazione non si presenterà più. O, se ci sarà, sarà limitata all’ambito politico senza interferire in tutti gli aspetti della vita delle persone».