In seguito a segnalazione di furti di antichità che avvenivano nella zona, gli archeologi israeliani sono intervenuti ispezionando un’area della campagna piuttosto isolata della Shefelah, regione collinosa ad occidente di Betlemme. Non senza sorpresa si sono incontrati con i resti di una chiesa bizantina decorata di bellissimi mosaici. Motivi geometrici e floreali erano accompagnati da figure di animali: un leone, una volpe, pavoni e pesci. Si trattava certamente di un mosaico bizantino di buona qualità e in stato di preservazione eccellente. Anche le architetture, composte di colonne a fusto unico e con capitelli di marmo dimostravano un’abilità di esecuzione artistica ragguardevole e indicavano, nello stesso tempo, il grado notevole di impegno finanziario richiesto ai committenti della costruzione. Il modo come giacevano a terra le rovine era quello tipico di un crollo provocato da terremoto. Si tratta probabilmente di quello conosciuto del 749 dopo Cristo, che devastò la regione. Sotto la chiesa e dietro l’abside è stata trovata una cripta di quelle che solitamente si usavano per custodire le reliquie e i corpi santi in particolare. Ad essa si discendeva per una scala ricavata nella navata sinistra della chiesa. La posizione del luogo, presso Tel Azeqa e non lontano dalla via principale che da Bet Shemesh conduce a Bet Guvrim, Ascalon e Gaza, suggerisce una identificazione con un luogo antico menzionato per la prima volta dallo storico locale Sozomeno nel V sec. e poi ricordato in seguito nell’itinerario di alcuni pellegrini del VI sec. d.C.
Sozomeno, in particolare, racconta come nei tempi felici dell’imperatore Teodosio II (401-450 dC) un contadino, sulla base di un sogno che aveva avuto, scavando in un certo campo ebbe la ventura di ritrovare la tomba di Zaccaria, il profeta-sacerdote (2Cron 24,20-22) ucciso da un re di Giuda «tra il tempio e l’altare», al quale si riferisce anche una volta Gesù stesso (Mt 23,35). Particolari ricavati direttamente dal sogno fatto e altri corrispondenti alla storia di questo profeta come narrata da un antico scritto apocrifo giudaico (Vitae prophetarum), insieme con la rinnovata apparizione di un onorevole vegliardo ricoperto di una stola bianca, convinsero non soltanto il contadino ma anche i suoi conterranei della veridicità del rinvenimento.
Il Pellegrino anonimo di Piacenza, nell’anno 570, notò nel luogo «una bella chiesa, riccamente decorata e servita da molti uomini di Dio», ciò che suggerisce la prossimità di un edificio monastico che non è stato tuttavia cercato o investigato ancora. In questa regione anche la Carta musiva, ritrovata a Madaba nel 1893, pone il santuario di San Zaccaria accosto alla città di Beth Zachariah (Azeqa).
Poiché non sono stati visti graffiti devozionali sui muri, né tanto meno iscrizioni esplicite nel mosaico, non siamo in grado di confermare (né di smentire) l’identificazione proposta, che tuttavia conserva un alto grado di probabilità almeno per quanto riguarda il santuario bizantino. Quanto alla originale tomba del profeta dobbiamo confessare di non possedere alcun elemento di giudizio al di fuori della generica tradizione locale.
Dopo averla definita la scoperta dell’anno (anche se l’anno è solo da poco incominciato) ed averne fatto una gran pubblicità attraverso la stampa, l’autorità israeliana permetteva di fotografare senza problema i rinvenimenti ai visitatori. Tuttavia ha dichiarato che per mancanza di fondi sarà costretta a riportare di nuovo quanto prima sotto terra le antichità per prevenirne una rapida distruzione.